La paura di sbagliare a scuola

La paura di sbagliare a scuola

Come si sa, andare a scuola, fare i compiti, non è sempre un’attività piacevole. Lo è ancora meno se le ansie personali del bambino/adolescente si intrecciano con quelle dei genitori e viceversa e se aggiungiamo le fisiologiche difficoltà nell’affrontare le piccole sfide quotidiane. In questo clima possono sorgere alcune paure di cui il bambino/adolescente non parla volentieri e per cui genitori e insegnanti fanno anche fatica a capire come aiutarlo o comportarsi con lui. Una delle forme con cui può manifestarsi la paura della scuola è il fare di tutto per evitare di dimostrarsi incapaci per le abilità che si ritiene di non possedere.

Perché si ha paura? E di che cosa?

Paura di andare a scuola

La prima domanda richiama il significato della paura come emozione che ci fa percepire un pericolo e come stimolo all’azione: attaccare (ad esempio affrontando un’interrogazione) o scappare (ad esempio giustificarsi). Esistono diverse sfaccettature della paura: oggi mi soffermo sulla paura di non farcela, di non riuscire, che ho spesso riscontrato nelle parole di mamme preoccupate per il futuro dei loro figli; una paura che è frequente nella vita quotidiana (sarà anche per via della nostra società altamente competitiva che inevitabilmente si riflette sulle dinamiche scolastiche) e che, spesso, serpeggia anche tra i ragazzi sui banchi di scuola.

Perché “non riuscire” fa così paura?

Molto dipende dal significato che si è soliti attribuire al non riuscire, all’errore. In alcune famiglie esiste lo spettro del fallimento in ogni azione, per cui anche i figli possono familiarizzare con un atteggiamento timoroso di fronte al fare. Per altre, non riuscire significa dimostrarsi incapaci o non aver fatto abbastanza; in questo caso, il senso di frustrazione o di colpa che ne deriva, va ad incidere sul modo in cui la persona (genitore o figli che siano) considera se stessa e sul proprio comportamento. Chi teme di mostrarsi incapace probabilmente ritiene che si è così, che al massimo bisogna stare attenti a non dare l’impressione di non potercela fare. In altre situazioni si tende ad attribuire la colpa agli altri dei propri insuccessi.

A scuola si può riconoscere un bambino/ragazzo che ha paura di non riuscire non solo dall’atteggiamento riservato, ma anche dalle strategie di tipo difensivo, quali quelle di autosabotaggio e di pessimismo difensivo che mette in atto. Queste consistono in anticipazioni, prima dell’esecuzione di un compito, di ostacoli reali o presunti che possono incidere sulla prestazione: ad esempio prima di un’interrogazione, lo studente può dichiarare stress, malessere, di aver avuto problemi familiari, di aver avuto imprevisti che hanno ostacolato la preparazione. Così, se l’interrogazione dovesse andare bene, ha dimostrato di essere bravo nonostante l’impedimento, se dovesse andare male l’immagine viene comunque preservata (ovvero il non essere andati bene non dipende dal perché non si è bravi ma da un imprevisto). Queste strategie possono essere funzionali per proteggere l’immagine di bravo studente (ma nemmeno poi tanto); sicuramente non lo sono per ridurre o ridimensionare la paura di non essere capaci. Questa permane e magari si ingigantisce anche!

Alcuni bambini/ragazzi possono nascondere la paura di non riuscire, di sbagliare attraverso il perfezionismo: pensano che deve essere tutto perfetto, che bisogna approfondire molto e che non si può terminare un’attività finché non è perfetta secondo l’idea che hanno (che per il fatto stesso che deve essere perfetta, poi non lo è mai). Cominciano così ad entrare in un estenuante meccanismo di controllo, nel tentativo di evitare di tralasciare qualcosa che può essere oggetto di critica sul loro operato e sulla loro persona. In casi più seri, questi ragazzi non arrivano a concluderla nemmeno l’attività, procrastinandola sempre di più. Tra le modalità più negative per sfuggire alla paura di sbagliare ci sono l’assenteismo, la rinuncia agli studi, l’abbandono della scuola; queste reazioni si possono estendere anche al mondo dell’università.

Chi, al contrario, ha imparato a considerare il non riuscire come una componente normale della vita, dalla quale apprendere, può pensare che sia sopraggiunto perché non si sono fatte le cose nel modo più giusto e che si può migliorare, senza delegare responsabilità ad altro. Non si ha l’ansia del voto e della percezione che questo può avere su tutta la persona.

Il modo in cui una famiglia vive il senso dell’errore, delle interrogazioni, dei voti, dei compiti in classe e la scuola in generale, diventa funzionale o meno nel far acquisire al bambino/ragazzo un atteggiamento positivo, caratterizzato da minore paura e più fiducia in sé e nelle proprie abilità.

Se invece la paura di sbagliare diventa una costante dell’atteggiamento scolastico, incidendo negativamente sulla motivazione che è uno dei motori principali dell’apprendimento, possono esserci conseguenze degne di attenzione non solo nel rendimento scolastico ma proprio nella serenità globale del bambino e nel suo modo di approcciarsi alla vita.

L’adozione di modalità caratterizzate dal vedere l’impegno, prima che il risultato, come mezzo attraverso il quale accrescere le proprie abilità, aiuterà il bambino/ragazzo a porsi in una prospettiva che non è quella del dimostrare “quanto si è bravi” (o più bravi, nel peggiore dei casi), ma è quella di crescere. 

Da questo potrà emergere una visione più serena del fare i compiti e dell’affrontare gli impegni scolastici, considerandoli mezzi per imparare e per fare esperienza di vita; ma non per gli altri…per se stessi!

Se noti che tuo figlio presenta dei comportamenti in linea con i punti sopra indicati e la paura di sbagliare gli procura stress o disagi di tipo scolastico, sociale che durano più di un mese, una valutazione più approfondita può aiutare lui e la tua famiglia a capirne di più e a risolvere eventuali disagi che altrimenti possono presentarsi in futuro in forme diverse. Per info e appuntamenti puoi usare il modulo in basso o chiamare il numero 089 0977768:

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