A che servono le regole?

A che servono le regole?

Quanti di voi hanno visto e ricordano la serie televisiva Una mamma per amica? Lorelai e Rory, le Gilmour girls, madre e figlia… o forse più sorelle??? La serie, devo ammettere, mi era molto simpatica ma quando penso alla figura di un genitore non riesco ad associarla a quella di un’amica per i suoi figli, appunto.

Molto spesso mi imbatto in famiglie che non presentano grandi difficoltà se non quella di non riuscire a destreggiarsi nel mare magnum della vita: non riescono ad affrontare piccole-grandi situazioni quotidiane, a fissare degli obiettivi e a perseguirli, ad assumersi le responsabilità proprie dell’età. Un malessere generalizzato che poi trova la sua evidenza in problematiche infantili e adolescenziali.

[Ora vi starete chiedendo che c’entra tutto questo con il titolo dell’articolo.]

Ebbene, alcuni studi confermano quello che era il famoso detto popolare mazz e panell fann e figl bell, ovvero, l’importanza della capacità del genitore di fornire al figlio piccole frustrazioni e limitazioni attraverso un’educazione fatta di regole. La mazz, quindi, come metafora di un’autorevolezza che diventa estremamente importante per lo sviluppo delle competenze psico-sociali del bambino.

Come educare alle regole i figli

Educare (dal latino e-ducere ovvero condurre verso) vuol dire accompagnare, indirizzare ma senza soffocare.

Nella società ci sono regole ovunque per cui diventa ancora più importante abituare sin da subito i figli a quello che li aspetterà. Questo, ovviamente, non significa, imporsi o essere estremamente rigidi ed esigenti ma individuare piccole norme che possono, innanzitutto, garantire ordine ed equilibrio nella famiglia e di conseguenza nello sviluppo psicologico dei figli.

Il pensiero dominante, oggigiorno, associa invece una maggiore libertà dei figli a un automatico raggiungimento della felicità degli stessi…. della serie “ti farò fare e ti farò avere tutto quello che io non ho potuto fare e non ho potuto avere a causa delle regole che i miei genitori mi hanno costretto a seguire da bambino”, in contrapposizione a quello che era il sistema educativo di qualche tempo fa, più improntato alla rigidità e alla convinzione che solo essendo DURI, diciamo impermeabili al dialogo e al confronto, si potevano crescere figli educati.

Un’educazione eccessivamente permissiva, al limite dell’amicizia, togliendo così anche buona parte della responsabilità genitoriale, porta a conseguenze da non sottovalutare.

Perché le regole?

  1. Terapia familiare - Psicologo specializzato a SalernoI figli non devono essere trattati come amici o come confidenti. Un simile atteggiamento può aumentare, infatti, le probabilità di farli sentire ansiosi e disorientati. In questo modo, inoltre, non impareranno a riconoscere l’Autorità (che non è il despota, il dittatore e l’elargitore di leggi fine a se stesse ma è il genitore autorevole e responsabile). Sulla base del proprio ruolo e del proprio esercizio delle funzioni parentali, un genitore sa cosa può essere giusto o sbagliato, e può indirizzare i figli, facendoli sentire protetti, contenuti, accolti. Inoltre, riconoscere nel genitore un’autorità, costituirà le basi per il riconoscimento delle altre figure, al di fuori della famiglia, che si presenteranno nella vita del bambino (insegnanti, istruttori etc..) condizionando il modo in cui il bambino interagirà con loro. Le figure genitoriali rappresentano, per l’appunto, le prime persone con le quali il figlio impara a rapportarsi e dalle quali richiede sicurezza ma anche confronto, un confronto che passa attraverso la possibilità di negoziare e imparare a contrattare quelle stesse regole dettate per la sua crescita. Bisognerebbe quindi adottare uno stile autorevole, sulla base di un atteggiamento deciso e autoconsapevole, accompagnato da un dialogo costruttivo che aiuti il bambino a capire il significato di quella regola che altrimenti sarà vissuta solo come imposizione sortendo effetti comportamentali opposti. È importante, inoltre, calibrare le regole in base all’età e ai “tempi” del bambino, rendendolo pian piano protagonista attivo della sua crescita.
  2. Le regole, poi, servono per aiutare a conoscere i limiti della gratificazione, dove non tutto è scontato e non tutto è concesso, e dove per ottenere ciò che si desidera bisogna impegnarsi e imparare a muoversi tra “il dovere e il piacere”. Il bambino, infatti, non deve credere che gli sia concesso fare tutto quello che gli passa per la testa, altrimenti si sentirà onnipotente, percependo così la possibilità di manipolare i grandi. Questo può comportare difficoltà nell’elaborazione di un senso d’identità adeguato e di conseguenza generere un quadro ansioso anche perché non ci si sente contenuti. Alcuni recenti studi di neuroscienze e neurobiologia affermano, a tal proposito, che nell’organismo di bambini e adolescenti cresciuti senza regole, si produce un particolare enzima (dopaminabetaidrossilasi) in grado di annullare la sensazione di appagamento, impedendo la percezione del limite della gratificazione. Molto spesso questo si traduce in comportamenti vicini alla delinquenza o inclini alle dipendenze, dove l’adrenalina è ricercata in situazioni al limite del lecito, nell’alcool o nell’abuso di sostanze. E’anche vero, però, che un simile quadro emerge da un insieme di concause e fattori che non hanno assolutamente la pretesa di limitarsi alla sola mancanza di regole educative.
  3. È importante che il genitore autorevole, inoltre, impari a tollerare i conflitti che possono sorgere tra lui e il figlio nel momento in cui la regola viene impartita perché solo attraverso questa “negoziazione” il bambino riesce a spingersi oltre, a sperimentarsi, a mettersi in gioco per raggiungere i propri obiettivi… insomma a crescere!

In conclusione, un’educazione eccessivamente permissiva non genera tutta questa felicità cui si pensa di arrivare non dando limiti, non impartendo regole, non dicendo quei famosi no che aiutano a crescere; la conseguenza è che si arrivi a generazioni fuori controllo, affamate di desiderio e inclini a sviluppare anche maggiore aggressività in età adulta.

Come insegnare il rispetto delle regole?

Le regole devono essere chiare, coerenti con l’esempio che offriamo e in linea con l’età del bambino; pian piano le interiorizza ma è importante riproporle con continuità e pazienza.

Dire frasi come

“se non riordini la cameretta, ti toglierò il cellulare e non uscirai per una settimana”

mal dispongono i figli, che si focalizzeranno solo sul contenuto di quello che appare un ricatto piuttosto che sul senso della regola che dovrebbe rispettare.

Piuttosto dire

“riordina presto la cameretta così avrai più tempo per chattare con gli amici o per incontrarli”

sottolinea in modo più autorevole (e non autoritario appunto!) l’importanza del rispettare la regola per la gestione del suo spazio di vita. Anche la punizione, che ha importanza nel codice educativo, ha un senso solo se motivata, dialogata, negoziata, altrimenti sarà solo un ostacolo al rapporto genitore-figli.

Quando impartiamo delle regole dobbiamo rimanere fermi, nonostante temiamo che possano fare male e procurare dispiacere; però è importante anche fornire stimoli e rinforzi positivi, come una lode, una gratificazione materiale, il soddisfacimento di un desiderio qualora il bambino si sia impegnato per rispettarle.

Educare non è un compito facile e certamente diventa ancora più complesso nella società confusa, dispersiva e sfuggevole in cui viviamo. A maggior ragione, dare delle regole, aiuta a fornire sicurezza, facilita il processo di adattamento alla vita sociale e relazionale e incrementa lo sviluppo dell’autonomia e della socievolezza del bambino di oggi e dell’adulto di domani.

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