Coronavirus, quando non si può dire addio ad una persona cara

Coronavirus, quando non si può dire addio ad una persona cara

È un periodo davvero difficile, questo. Un periodo di emozioni nuove, di sensazioni mai provate, di vite riviste e di famiglie separate. Ma è anche, e soprattutto, un periodo in cui sentirsi tristi è facile. Ansiosi pure. Anche se, per alcuni, il Coronavirus resta quel virus che c’è lì fuori e di cui parla la tv.

Ma cosa succede, invece, a chi dal Covid-19 è colpito in prima persona? Oltre alla malattia, c’è un altro (enorme) dramma: la lontananza. Una persona cara viene ricoverata in ospedale, e tu non puoi andare a trovarla. Finisce in terapia intensiva, e le sue uniche notizie ti arrivano da un telefono. Una volta al giorno, sperando che non sia di più. Perché, quel di più, vorrebbe dire che qualcosa è successo. E tu non sei pronto a sentirlo. Non così. Si muore soli, senza un ultimo contatto. È anche questo, che la pandemia fa. Ti toglie il diritto all’ultimo saluto.

Cosa fare, dunque, se muore una persona cara in questo periodo? Se lo si sa dalla voce di un dottore, dall’altro capo del telefono, e non si può neppure celebrare il suo funerale? Del resto, non solo di Covid-19 è possibile morire. Si continua a morire nonostante il Covid-19. E, in nessun caso, è possibile tenere la mano in quell’ultimo viaggio, asciugare lacrime. Gli ospedali non ammettono visite, le case di riposo neppure. I funerali non si celebrano, i cimiteri sono chiusi. E noi ci sentiamo spaesati, prigionieri di un mondo che non è come lo ricordavamo.

Il rito funebre, un elemento culturale e antropologico che accomuna tutti noi umani

Poco importa, che si sia credenti oppure no: è proprio quando ne veniamo privati, che ci accorgiamo della potenza e dell’importanza del rito funebre. Che è doloroso, sì, ma liberatorio. E somiglia a un cerchio che si chiude.

Il culto dei defunti esiste fin da quando l’uomo è sulla Terra. A suo modo il rito funebre era, ed è così ancora oggi, un momento di passaggio: salutiamo le persone che abbiamo amato. Il funerale trascende dunque le culture e le religioni. E non è solo il momento dell’ultimo saluto alla persona che non c’è più: è anche un rito per la gestione collettiva del dolore.

È intrinseco alla natura umana: un dolore condiviso, si divide. Non si moltiplica. Condividere il dolore ci aiuta a stare meglio. Ed ecco che, mentre già siamo stremati anche nel vedere migliaia di persone stare male e morire sole, essere privati della cerimonia funebre rende il tutto ancor più strano e angosciante. Per le famiglie colpite è come vivere un lutto nel lutto. Ma è proprio ora, in questo totale stato di solitudine, che dobbiamo trovare la forza di rialzarci e amare la vita. Con tutte le forze che abbiamo. Anche per chi non c’è più.

Come reagire ad una perdita in tempo di Coronavirus

Questo è un immenso dolore. Bisogna riconoscerlo per quello che è, in tutta la sua portata. Darsi tempo, tempo per la rabbia, tempo per lo strazio, tempo per stare, tempo per elaborare, superando sensi di colpa, arrivando ad accettare. Anche se, per arrivarci, dovremo piangere tutte le nostre lacrime. Fare i conti coi silenzi, e coi pensieri più profondi.

Non dobbiamo metterci fretta. Ognuno ha i suoi tempi per elaborare il dolore. Non pretendiamo da noi stessi la capacità di risollevarci subito, venire a patti con le proprie emozioni richiede tempo. E lasciamo da parte i timori: chiedere aiuto, cercare aiuto, è più che naturale. Lo è in circostanze normali e ancor più adesso. Approfitta del supporto psicologico che, anche da remoto, ti viene offerto. Se ti senti in colpa, per quell’ultimo saluto non dato: sii gentile con te stesso, non caricarti di responsabilità che non hai.

Non pensare alle parole non dette, agli abbracci non dati. Dai invece spazio al tuo dolore: sentirsi in lutto è una risposta fisiologica ad un evento (la morte) che non possiamo controllare. Concediti di essere triste, non combattere il dolore, ma prova a non isolarti. Cerca, piuttosto, di commemorare la persona scomparsa con un funerale non convenzionale. Condividendo il ricordo con i tuoi familiari più stretti, quelli con cui vivi, le persone di cui ti fidi. Scrivendo un diario, con ciò che provi, quello che fai e come ti senti: scrivi ogni giorno e, alla fine della settimana, scegli un momento per rileggere tutte quelle riflessioni. Creando un album, con fotografie o disegni che ti possano ricordare la persona cara e ciò che con lei hai vissuto. Accendendo una candela, seminando una piantina e aspettando che nasca. Come se, a tenerla tra le mani, fosse la persona a cui hai detto addio. Perché è nei piccoli gesti, che, poco alla volta, si ritrova la forza.

Se ti riconosci in una situazione come questa e desideri un sostegno psicologico, contattami: effettuo consulenze online con whatsapp o presso il mio Studio a Salerno.

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