Fibromialgia: cos’è? Vi racconto la storia di Anna

Fibromialgia: cos’è? Vi racconto la storia di Anna

Anna è una bella signora, curata e attenta a sé e alla sua famiglia: sposata, madre di due figli, ha sempre dedicato grande cura a loro, senza tralasciare gli impegni lavorativi. Finché, poco alla volta, sentiva l’energia venire meno: al mattino sembrava sempre più difficile prepararsi, dopo nottate insonni passate a girarsi nel letto in cerca di una posizione che calmasse i dolori.

Cucinare, lavarsi, andare al lavoro: c’erano giornate in cui sembravano le cose più difficili al mondo.

Le gambe cedevano e l’ansia aumentava. Per non parlare dello sconforto nel vedere la propria casa non più in ordine come una volta. Del resto, non riusciva a farcela e doveva, ora in avanti, imparare a delegare e a chiedere aiuto!

Cos’è la fibromialgia? Cosa può fare lo Psicologo?

Fibromialgia: cos'è

Dolori cronici e persistenti in tutto il corpo, senso di stanchezza costante che interferisce continuamente con la quotidianità, articolazioni bloccate, muscoli irrigiditi. I sintomi, a volte, iniziano dopo un forte stress a livello fisico e psicologico, interventi chirurgici o situazioni in cui ci si è sentiti particolarmente provati. Anna è un nome di fantasia, ma la fibromialgia è un problema reale: secondo le stime, ne soffrono in Italia circa 2 milioni di persone, prevalentemente donne tra i 25 e i 55 anni.

La fibromialgia è una sindrome caratterizzata da dolore muscolo-scheletrico diffuso, rigidità muscolare, affaticamento, tono dell’umore alterato (ansia e inclinazione al pianto), disturbi del sonno, cefalee improvvise perdite di memoria e scarsa concentrazione. 

Una passeggiata più lunga, una postura scorretta in piedi ma anche da seduti, una stretta di mano più forte, il volume alto o un calore eccessivo, ogni piccola cosa del quotidiano può essere causa di un dolore acuto, di una fitta lancinate.

La dimensione algica (del dolore) è la parte più evidente di questa patologia che, fino a qualche tempo fa, era considerata la malattia fantasmaovvero si dubitava esistesse davvero e di conseguenza, non la sia diagnosticava facilmente. Spesso, infatti, veniva scambiata per artrosi o per depressione. Oggi si tende a considerare la dimensione ansiosa e depressiva come un logico collegamento al costante vissuto doloroso, in una complessa interazione tra la componente fisica e il significato emotivo attribuito ad esso.

Fibromialgia e depressione: un punto di vista psicologico

Avere a che fare  ogni giorno con sensazioni dolorose influisce negativamente sull’umore.

Diversi studi hanno riscontrato che le persone con fibromialgia presentano una personalità caratterizzata da tratti di perfezionismo, rabbia repressa, bassa autostima, preoccupazione, catastrofismo e visione negativa delle cose e del futuro, tendenza all’ipocondria e all’apatia, ricerca dell’approvazione degli altri e dipendenza nei rapporti interpersonali, sia su un piano logistico (nell’essere aiutati) sia su un piano affettivo (Martellotti, 2011). 

Psicologo per Fibromialgia

Proprio per il suo grande impatto sul piano emotivo e psicologico, la fibromialgia può trovare negli interventi di psicoterapia e di tecniche di respirazione un grande alleato e sostegno alle cure mediche.

Può aiutare a individuare e risolvere le difficoltà emotive, puntando alla riformulazione del  vissuto di dolore, attraverso un’attribuzione di significato dello stesso, più facile da tollerare. Lavorare su emozioni quali rabbia (perchè proprio a me?), tristezza, impotenza è utile per la gestione degli stati ansiosi, la riduzione dei fattori di stress e per raggiungere una maggiore consapevolezza degli aspetti emotivi che possono aggravare o mantenere il disturbo.

La psicoterapia può aiutare a conoscere quello che sta succedendo al proprio corpo, in che modo il dolore può essere rivisitato, cosa può influire nel modificarlo, quale atteggiamento può essere più adeguato, in relazione alle risorse e alla storia personale; in poche parole: non restare passivi e inermi di fronte alla invadenza della patologia ma fare di un ostacolo una risorsa per stare meglio.

Può anche aiutare a rivedere la quotidianità e a individuare obiettivi realistici  da raggiungere, in base alle proprie forze e possibilità.

Nell’ambito della famiglia, aiuta anche i familiari a prendere consapevolezza della sindrome del proprio caro, portando così il proprio contributo. La famiglia vive gli stessi sentimenti di tristezza o impotenza nel non riuscire ad aiutare il proprio caro o, spesso, non conoscendo la reale portata della situazione, tende a sottovalutare le richieste della persona che soffre o a passarci sopra, considerandole sterili lamentele.

Un’integrazione di cure mediche e psicologiche restituisce rispetto e legittimità alla sofferenza, tutt’altro che immaginaria, e può aiutare concretamente nell’affrontare il carico della malattia.

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