Perché mi pesa il giudizio degli altri?

Perché mi pesa il giudizio degli altri?

Non importa, quanto sicuri di sé ci si senta: il giudizio degli altri, anche se si finge di non sentirlo, ferisce sempre. Ma perché ci interessa così tanto ciò che la gente pensa di noi? Perché le nostre scelte e le nostre azioni sono condizionate da persone terze?

Piramide di Maslow WikipediaPer capire quanto il bisogno di essere amati e accettati sia importante è sufficiente guardare la piramide di Maslow, che pone i bisogni dell’uomo su cinque differenti livelli: se alla base vi sono i bisogni fisiologici (respiro, alimentazione, sonno ecc.), il bisogno di appartenenza e di accettazione è al terzo gradino, subito dopo il bisogno di sentirsi al sicuro. A dimostrazione di quanto conti per ciascuno di noi sentirsi parte di una comunità, fare una buona impressione, essere amato.

Paura del giudizio degli altri

È una paura reale, la paura del giudizio altrui. Abbiamo paura di non essere accettati per via del nostro aspetto fisico, delle nostre origini, del nostro livello di istruzione, del nostro orientamento sessuale. La paura di essere emarginati, esclusi ed umiliati è dietro l’angolo. E se tutti (o quasi) abbiamo almeno una volta nella vita provato questi timori, ci sono persone che soffrono di fobia sociale, uno stato ansioso in cui il contatto con gli altri è segnato proprio dalla paura di essere giudicati male e di comportarsi in maniera imbarazzante e umiliante.

Mi pesa il giudizio altrui

Il giudizio: storia e società

Del resto, che l’uomo è un animale sociale lo diceva già Aristotele e, ancora prima, gli uomini primitivi sapevano d’avere più possibilità di sopravvivenza – quando uscivano a cacciare e a raccogliere il cibo – se lo facevano in gruppo. Essere giudicati male significava essere esclusi, allontanati, ed esposti, quindi, a maggiori pericoli.

Ecco, dunque, che la paura del giudizio altrui è insita proprio nel nostro DNA, e ha origini antichissime. Ma liberarsene si può e, anzi, si deve. Come fare? Scopriamolo insieme. Innanzitutto, bisogna pensare che l’opinione che le altre persone hanno di noi non mina più – come nell’antichità – la nostra sopravvivenza. Anzi, è più pericoloso temere i giudizi altrui che fregarsene. Farci condizionare significa vivere un sogno che non è nostro, una vita che non è nostra. Significa rinunciare a qualcosa solamente per non far parlare la gente, e portare sulle spalle un fardello pieno di pietre. Tuttavia, spesso, a mettersi d’ostacolo tra noi e i nostri obiettivi non è tanto il giudizio altrui, quanto il nostro stesso giudizio: con ogni probabilità è tutto nella nostra mente, e chi ci sta intorno delle nostre scelte, del nostro aspetto e dei nostri gusti non se ne cura. Ed ecco che liberarsi dalla paura del giudizio altrui diventa un po’ più semplice. Come? Smettendo di seguire la perfezione, e di voler piacere a tutti: sebbene si faccia ogni cosa per trovare l’approvazione altrui, ci sarà sempre qualcuno a cui ciò che facciamo o diciamo non piace. È un dato di fatto. Come è un dato di fatto che, se riceviamo nove complimenti e una critica, è proprio su quell’unica critica che ci concentriamo. Facendoci del male. Infine, è bene togliere le maschere: non è sano volersi adeguare alla massa, ma neppure tradire se stessi pur di apparire diversi. L’unica via possibile per la felicità è essere autentici.

Ma come si fa a capire se il giudizio altrui ci condiziona troppo? Ci sono alcuni segnali a cui prestare attenzione: non difendere le proprie idee quando ci accorgiamo che chi ci sta intorno ha opinioni diverse. Non sapere dire di no. Cercare d’essere sempre amichevoli e simpatici anche quando il nostro interlocutore fa e dice cose contrarie ai nostri ideali. Sentirsi tristi quando le nostre idee non vengono comprese. Bisogna pensare che la nostra opinione e la percezione che abbiamo di noi stessi valgano almeno quanto quelle che attribuiamo altri possono , perché è solo così – non sminuendoci e anzi accettandoci – che è possibile andare dritti per la propria strada. L’unica possibile per essere felici.

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